Norvegiani

"Farai e disferai in continuazione il tessuto della tua vita, in attesa di trovare la sola esistenza che ti possa appartenere davvero”.

Sami, i cugini di Babbo Natale

Il 6 febbraio si è festeggiato il Sámi álbmotbeaivi, la giornata nazionale dei Sami. Questa celebrazione cade nell’anniversario del primo congresso Sami, tenutosi nel 1917 a Trondheim: i Sami norvegesi e svedesi si radunarono per lavorare insieme alla ricerca di una soluzione per i loro problemi. A un anno dal centenario di questa data storica, i Sami norvegesi celebrano la loro identità durante la settimana Sami di Tromsø, sette giorni di festeggiamenti in corrispondenza della giornata nazionale, e durante i festeggiamenti nelle città settentrionali come Kautokeino. Anche la capitale celebra l’avvenimento: il rådhus di Oslo, il municipio, ha suonato l’inno Sami. Questa festa ha avuto un valore aggiunto: mi ha fatto notare che Norvegiani non ha ancora dedicato un post alla popolazione indigena più settentrionale d’Europa. Rimedio subito!

Chi sono i Sami? La costituzione norvegese definisce i Sami una minoranza etnica e un popolo separato, ma comunque cittadini norvegesi. È  responsabilità delle autorità dello Stato, specifica poi, creare condizioni che permettano a questa popolazione di preservare e sviluppare la propria lingua e cultura. I Sami sono una popolazione indigena che forma una minoranza etnica in Norvegia, Svezia e Finlandia, nell’area più settentrionale dei paesi nordici . Questa collocazione e la tradizionale attività di allevatori di renne ci portano a credere che, molto probabilmente, Babbo Natale sia uno di loro. L’area abitata dai Sami in Norvegia si estende nel Finnmark, Troms, Nordland e Nord-Trøndelag.  Si stima che questa popolazione si aggiri intorno alle 70.000 unità, di cui circa 45.000 residenti in Norvegia. La prima testimonianza scritta dell’esistenza dei Sami risale allo storico romano Tacito che nel libro “De origine et situ Germanorum” scritto nel 98 AC li descrive, con poca invidia, come cacciatori e sciatori sperduti nel freddo Nord.

Risolto il problema termico con pellicce e tende scaldate da grandi fuochi accesi al centro, i Sami vivono tranquilli e contenti fino al Medioevo, quando gli stati scandinavi cominciano a prendere coscienza di sé e ad istituzionalizzarsi, litigando per il controllo sulle regioni del nord. I Sami, che di confini ne capivano ben poco, sono spesso costretti a pagare le tasse a più di un paese. Nel 1700 alle imposte economiche si aggiungono imposizioni geografiche e morali più pesanti: alla costruzione delle chiese cominciata già a partire dal 1400 si aggiunge un’opera missionaria di conversione dal paganesimo.  Inoltre si raggiungono accordi precisi per tracciare i confini e limitare ancora di più la possibilità di movimento dei Sami, pastori nomadi.

Le cose potrebbero andare peggio? Certo. Nella seconda metà dell’Ottocento il risveglio della coscienza nazionale norvegese si diffonde in tutto il paese, coinvolgendo anche i Sami in un processo definibile come norvegesizzazione. Il prezzo da pagare per diventare cittadini del nuovo paese è la rinuncia alla propria identità. Il norvegese diviene l’unica lingua consentita nelle scuole, la cultura Sami è bollata come obsoleta, lo stile di vita degli allevatori di renne è giudicato primitivo. I Sami si trasferiscono nelle città, invitati dal progresso e dalla promessa di integrazione nella nuova nazione: i nomi vengono norvegesizzati e le tradizioni sommerse sotto un velo di identità comune. Questo si protrae fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il governo norvegese fa autocritica ed ammette gli eccessi commessi soprattutto in campo educativo. Gli effetti della norvegesizzazione, però, rimangono evidenti: l’allevamento delle renne è un’attività sempre più marginale, le vecchie tradizioni si perdono tra le nuove generazioni cresciute sotto l’influenza dell’identità comune.

Negli anni 60 nasce il Movimento Sami, connesso con il risveglio politico delle minoranze etniche di tutto l’Occidente, e nei testi ufficiali si inizia a parlare di Norvegesi madrelingua Sami. Negli anni ’80 si diffondono i primi testi e giornali in lingua sami, le radio e le tv nazionali iniziano la trasmissione di telegiornali e programmi in questa lingua. Nel 1989 nasce il Parlamento Sami norvegese: si tratta di pubbliche autorità subordinate al governo norvegese, parlamentari eletti in modo democratico per rappresentare i Sami e le loro richieste. I parlamenti Sami norvegese, svedese e finlandese si confrontano spesso sulle questioni comuni.

La lingua sami è strettamente correlata alle lingue Mar Baltico-finlandesi, come il finlandese ed estone: cimentatevi nella comprensione dei dialetti norvegesi, ma affrontate il sami solo dopo uno specifico corso di lingua!

Il momento migliore per sperimentare la cultura Sami è il Riddu Riđđu, il festival della cultura Sami che si tiene ogni anno all’inizio di luglio a Kåfjord (Gaivuotna in lingua sami) con l’obiettivo di raccontare il bagaglio culturale Sami e confrontarlo con quella di altre popolazioni indigene. Riddu Riđđu significa “piccola tempesta sulla costa”, un nome che rende bene l’energia trasmessa dai concerti yoik. Con questo termine si indica la musica sami, fatta di poesie ritmiche cantate, inni alla terra e alle forze della natura, in passato improvvisate nelle lunghe notti invernali per tramandare le credenze e le leggende. Per quattro giorni i colori del vestito nazionale Sami risplendono sotto il sole di mezzanotte, permettendo agli ospiti di rivivere la magia di un popolo antico e fiero, finalmente libero di vivere la sua identità.

 

sami

 

4 commenti su “Sami, i cugini di Babbo Natale

  1. Francesco
    febbraio 8, 2016

    Bell’articolo Biancamilla, interessante notare come anche nella liberale e tollerante Scandinavia ci siano state delle repressioni nei confronti degli abitanti locali; forse non cosi cruente come in Nord-America o in Australia, ma neppure cosi irrilevanti da essere tralasciate. Parlando di Babbo Natale, credo che appartenga alla razza sami, e neppure a quella umana, essendo il suo nome in norvegese julenissen, alla lettera elfo (o folletto) di Natale. Il Babbo Natale antropomorfizzato che conosciamo oggi è dovuto ad una campagna pubblicitaria della Coca Cola degli anni Trenta, mentre credo che la tradizione popolare scandinava lo voglia come un elfo o folletto.

    • biancamilla
      febbraio 8, 2016

      Grazie Francesco. Sì, trovo sia un argomento molto interessante, di cui non si parla granché. Per quanto riguarda Babbo Natale ho scherzato sulla provenienza sami: la controversia sulla sua razza si espande tanto da arrivare a dire che non esista nemmeno 🙂

  2. enrico
    febbraio 24, 2016

    “Babbo Natale” è in realtà San Nicola di Bari (difatti “Santa Claus” deriva da “Nicholaus” ossia “Nicola”)… che sembrerebbe un altro culto “preso in prestito” anche dagli scandinavi (oltre che da tutto il mondo) come quello di Santa Lucia, che in Svezia è venerata (tantè che fecero un gemellaggio tra la capitale svedese Stoccolma e la città siciliana di Siracusa, in cui è nata la santa), in Norvegia boh forse non è sentita Santa Lucia ma in Svezia è “Santa Lucia” a dare i regali ai bambini

    • biancamilla
      febbraio 24, 2016

      Ciao Enrico, ti confermo che Santa Lucia si festeggia anche in Norvegia. E’ un culto che si era perso nel tempo, ma è tornato con l’arrivo degli svedesi dopo la Seconda Guerra Mondiale (come dici tu, in Svezia la santa aveva già ampio successo di pubblico).

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